…e perché deve maneggiarlo con cautela. Il trend del fashion rental, l’abbigliamento che si fitta per l’occasione o con formula abbonamento, è in crescita costante. Sembra mettere d’accordo tutti, ma se gestito male può far perdere soldi o, peggio, credibilità al negozio. Vediamo allora alcuni pro e contro della moda stile-Netflix per il retailer.

SOMMARIO

Fashion rental – abiti a noleggio: c’è differenza?

Il nome è nuovo, l’idea è antica. Affittare i vestiti è una pratica commerciale di lungo corso, e i negozi specializzati nell’abbigliamento a nolo sono un sempreverde del settore con un loro pubblico affezionato. Core business, tipicamente, il noleggio di abiti da cerimonia e di abiti da sposa. I motivi sono semplici, ed essenzialmente due:
a) si tratta di abiti generalmente molto costosi;
b) gli abiti vengono indossati in casi molto limitati.
Questo a meno di non volersi sposare non solo più volte, ma anche con lo stesso abito…
Rispetto a questo tipo di negozio, nel fashion rental cambiano approccio e, soprattutto, modello economico. Vale già considerare come molti dei marchi più conosciuti del settore, come il pioniere Rent the Runway, si sviluppano come business digitali. L’evoluzione delle tecnologie, oltre alla possibilità di gestire a distanza l’attività, con spedizioni rapide e a costi contenuti, hanno reso il servizio conveniente e pratico da usare.
Niente di più facile, allora, di prendere in affitto un vestito per un’occasione speciale o semplicemente per provare un cambio di look: si va sull’app e sul sito, si accede al catalogo, si seleziona la data di consegna e quella di riconsegna e si paga l’importo. In molti casi non c’è nemmeno bisogno di passare in negozio: consegna a domicilio e riconsegna tramite corriere espresso. Molti gli esempi virtuosi, anche in Italia, di questo sistema: basti vedere come funzionano Dressyoucan o Drexcode.
Insomma, un sistema facile e pratico, con diverse varianti. Oltre al caso classico dell’affitto one-night-only, allora, la formula abbonamento: si paga un fisso mensile e si possono prendere a nolo tutti i (o un buon numero di) vestiti in catalogo. Cambiare continuamente outfit come neanche una top model, ma a un prezzo decisamente conveniente e senza perdere troppo tempo. Cool!
Il fashion renting, in sostanza, è un altro tassello del puzzle sharing economy: come per Netflix, Uber, Spotify e altre piattaforme, i beni vengono noleggiati e condivisi, non più comprati e posseduti in esclusiva. Per il consumatore, la vera differenza rispetto al tradizionale noleggio abiti è questa: alleggerire il guardaroba noleggiando tutti i (o buona parte dei) vestiti.
Questa anche la scommessa commerciale dei principali player. Sembra funzionare, pur con qualche resistenza. Certo, la tendenza è livellare verso l’alto anche i vestiti comuni, con abiti di griffe, giovani talenti o di alta gamma, comunque di ottima qualità. È una scelta pratica, etica e strategica: vestiti di qualità hanno maggiore resistenza e durata, possono essere prodotti in quantità minore e vanno fuori moda più lentamente.
Insomma, cambia l’approccio all’abbigliamento ma l’intera esperienza d’acquisto viene, ancora una volta, rivoluzionata.

Vedi anche: Wow factor: cos’è e come migliora la shopping experience
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Fast fashion vs sharing economy: perché e a chi conviene

Il fashion rental “puro”, di chi si affida solo a questo sistema, sembra andare dunque a gonfie vele. Succede allora che anche gli altri operatori del settore si mettano in moto. Si sviluppano così strategie miste, con reparti dedicati ai capi a noleggio o collezioni speciali proposte con la formula del rental.
La richiesta c’è, e in apparenza sono tutti d’accordo nel contrapporre buoni (le startup del fashion rental) e cattivi (i colossi del fast fashion).
I plan to put Zar out of business: “Il mio obiettivo è mettere fuori gioco Zara”, è più o meno quanto ha affermato Jennifer Hyman, fondatrice e CEO di Rent the Runway. Ma quali sono i reali vantaggi nel dare retta alla Hyman? Riassumiamo.
Per il consumatore la moda a noleggio è conveniente perché:

  • gli permette di cambiare spesso outfit senza spendere troppo;
  • gli fornisce accesso a capi di abbigliamento di qualità a prezzi contenuti;
  • gli offre un sistema pratico e affidabile per gestire le sue esigenze in fatto di abbigliamento.

Per il negozio il sistema è conveniente perché:

  • massimizza i profitti per singolo capo;
  • aumenta il volume di contatti con la sua proposta commerciale;
  • costruisce un rapporto più duraturo con il cliente.

Infine, per la collettività le ricadute positive sono nel:

  • cambiare il modello economico del fast fashion, che ha un’impronta ecologica davvero troppo elevata
  • ridurre gli sprechi nel settore e favorire un tipo di economia circolare
  • favorire il rilancio di abbigliamento di qualità più alta rispetto a quello usa-e-getta

Prima di abbracciare incondizionatamente il fashion rental, però, alcune contraddizioni vanno tenute presenti. Per esempio, il totem dell’ecosostenibilità vacilla in un sistema che prevede il ricorso massiccio alle spedizioni a distanza e ai lavaggi in tintoria, operazioni non proprio a impatto zero sull’ambiente.
E i soldi?
Per quanto riguarda la profittabilità del modello economico, vanno valutati diversi fattori per capire se le spese per garantire un servizio efficiente sono davvero bilanciate dal maggior volume di contatti. Per esempio, la gestione delle spedizioni, motivo per cui più volte Rent the Runway ha affrontato orde di clienti inferociti offrendo loro scuse e indennizzi per i ritardi generati dal numero eccessivo di ordini da evadere.
Vedi anche: Abbigliamento sostenibile: per un negozio “green”
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Le regole del clothing rental

Per un negozio che voglia avviare una propria divisione di noleggio vestiti, allora, valgono alcune considerazioni di base.

  1. Abiti da cerimonia, pezzi unici, vestiti da boutique: l’appeal dell’abito a noleggio è soprattutto quello dell’abbigliamento di gamma medio-alta. La possibilità di avere a disposizione un guardaroba très chic che non ci si potrebbe permettere altrimenti, oltretutto con la coscienza a posto. Cioè: non sto sprecando soldi che dovrei usare per cose più serie (pensa il consumatore). Una sezione noleggio dovrebbe quindi privilegiare questi capi.
  2. Qualità dei vestiti: una necessità pratica, perché vestiti fatti con materiale scadente non reggeranno a lungo. Lo dimostra il caso di H&M, che ha messo a noleggio la collezione Conscious Exclusive realizzata con tessuti più affidabili e resistenti, oltre che ecosostenibili. L’affidabilità a lungo termine del vestito è quindi un altro fattore importante da considerare.
  3. Politica commerciale: determinante. Ovvero una formula pratica e, naturalmente, redditizia per definire termini e condizioni del noleggio. È il motivo per cui molti marchi del fashion rental suonano così sexy: il servizio proposto sembra fatto per funzionare con il minimo sforzo e per la soddisfazione di chi acquista (a noleggio) e chi vend… oops, noleggia. Guardare per esempio tutta la campagna Pleasedontbuy creata da Twinset.


Il lancio della campagna Pleasedontbuy dell’italiana Twinset, con testimonial Stephanie Glitter.
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Gestire i rental services: insidie e opportunità per il negoziante

Per scendere un po’ più nei dettagli, a cosa deve stare attento chi gestisce un servizio di fashion rental, allora? Alcuni punti fermi.

Il ciclo del capo affittato

Che deve essere reso disponibile, inviato e ritirato, controllato, lavato accuratamente e rimesso a disposizione. Il tutto con la massima velocità, efficienza e trasparenza nei confronti del cliente. Come nel citato caso di Rent the Runway, assicurarsi di riuscire a far funzionare questo complesso meccanismo è essenziale; il rischio è perdere non solo clienti, ma anche credibilità.

Qualità e tipologia di capi da mettere a noleggio

Questo non solo per le esigenze pratiche sopra specificate, ma proprio per considerazioni strategiche. Vestiti realizzati con una cura particolare dei materiali, soluzioni creative, capi di design: sono tipologie di prodotto che ben si prestano al ciclo dell’affitto. Soprattutto, sono spesso realizzate con un approccio nuovo e, per così dire, pensate proprio per essere fruite a noleggio.

Sostenibilità dello schema economico

Forse la conditio sine qua non per il successo dell’intera operazione. Tanto più se il reparto a noleggio convive con quello “tradizionale”. In questo caso va studiata attentamente una politica dei prezzi che non penalizzi una delle due divisioni. C’è un interessante esempio di strategia di fashion rental non mirata citato dalla Retail Gazzette.
La catena di abbigliamento per uomo MossBros, dopo aver messo in vendita a noleggio una selezione di capi delle sue collezioni, ha registrato un incremento delle vendite complessive a fronte di un rendimento insoddisfacente del settore rental.
Cos’è successo? Che i clienti hanno trovato più vantaggioso comprare direttamente gli abiti, in vendita a prezzi troppo competitivi rispetto a quelli a noleggio, rispetto a pagare la stessa cifra per noleggiarli 3-4 volte. È insomma necessario calibrare bene la strategia di prezzi da applicare per evitare che settore noleggio e vendite si cannibalizzino a vicenda.

Effettivo interesse del proprio target.

Accodarsi alle mode (…anche se stiamo parlando proprio di moda) non è mai la migliore soluzione. Capire come ragiona la propria base clienti è essenziale per valutare il senso di proporre loro un sistema di moda a noleggio. Un’occhiata alle strategie di acquisto della customer base, e quindi di chi per esempio ricorre ai pagamenti dilazionati, può aiutare a capire se c’è effettivamente un mercato per il rental.
Bene servirsi dei moduli di gestione clienti e business intelligence del proprio software gestionale per analizzare bene la situazione. Si diceva: i capi di abbigliamento più di uso quotidiano si prestano male a questo modello, e però… Magari studiare una soluzione con canone mensile potrebbe riscuotere qualche interesse? Offrire vestiti casual ma comunque di buona qualità o testare nuove collezioni con il sistema del rental?
Le opzioni sono diverse, ma vanno ben ragionate.

Qualità complessiva della proposta

Un sistema efficiente e mirato di vestiti in affitto offre numerose opportunità a un negozio. Può essere infatti un ottimo strumento di coinvolgimento e fidelizzazione della base clienti, stimolando contatto e frequentazione più assidua del negozio fisico e dei touchpoints digitali.
Ancora di più se lo schema del noleggio viene erogato come servizio premium: lo fa per esempio H&M offrendo ai propri clienti più affezionati la possibilità di prendere a noleggio una selezione di capi esclusivi. Più in generale, lo schema del fashion rental sembra rispondere bene alle esigenze della generazione Z, e in prospettiva è un modello di business con il quale bisognerà fare i conti.
Meglio prepararsi per tempo, allora. Per farlo, vi offriamo in conclusione questa piccola analisi SWOT di opportunità e insidie del fashion rental dal punto di vista del retailer. Tenetela presente la prossima volta che penserete di unirvi anche voi all’onda!

Fashion rental: l'analisi SWOT

Analisi SWOT di pro e contro del modello fashion rental

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