Perché la produzione a richiesta dei capi di abbigliamento può diventare il nuovo standard di produzione nel mondo del fashion retail. E perché conviene sia a chi vende sia a chi acquista.

Moda on demand. Beh, che c’è di nuovo? I vestiti su misura, per usare una traduzione del concetto, hanno una lunga storia alle spalle. Anzi, sono ciò che ancora distingue molti marchi del Made in Italy dai concorrenti.

Ma qui si parla di qualcosa di diverso e con potenzialità inedite. La novità infatti è che, per un insieme di fattori, l’abito sartoriale può diventare un’abitudine di massa.

Stampa in 3D e nuovi sistemi di produzione rendono già oggi possibile, e più conveniente, commercializzare edizioni limitate, personalizzate o ad hoc. In quantità ridotte e su ordinazione.

I capi del fashion on demand hanno molte qualità: per esempio, assecondano meglio gusti ed esigenze di un gruppo di utenti. Riescono a fasciare corpi con misure non standard. O, ancora, rispondono con rapidità a trend o eventi temporanei.

SOMMARIO

Benvenuti nell’età della customizzazione di massa

“La generazione Z non pensa al lusso come al nome di un brand da appiccicare alla loro borsa o su una maglietta e portare in giro come un cartellino. Cerca piuttosto oggetti unici che li distinguano dagli altri”. Emma Spagnuolo, McKinsey

Quali sono le abitudini di acquisto della Gen Z? Molti studi di settore dicono che i ventenni di oggi cercano dai marchi di abbigliamento scelte consapevoli, coinvolgenti e personalizzate.

Sono abituati a essere chiamati in causa direttamente dai brand, partecipare alle challenge, emozionarsi per le campagne, condividere un lifestyle più che acquistare vestiti. Logico che vogliano anche avere un trattamento di riguardo: capi personalizzati, scelte basate sui propri gusti ed esigenze.

Un’idea di moda su misura, dunque, che può arrivare a forme inedite di engagement. Come quella alla base di First Pitch di Reebok: l’azienda propone dei modelli di sneakers, che possono essere preacquistate a un prezzo minimo e vengono, poi, mandate in produzione al raggiungimento di un numero minimo di acquisti.

Il concetto è quello della customizzazione di massa: lo sviluppo prodotto avviene su richiesta, in piccoli lotti, in maniera sempre più mirata. Per certi versi è un adattamento su larga scala del modello sartoriale, quello del vestito su misura dell’acquirente. Qui prende il nome di made to measure e si realizza con tempi e costi molto più contenuti.

La moda on demand, allora, mette insieme due opposti: abbigliamento personalizzato e produzione su larga scala. Il risultato è un modello di fashion retail potenzialmente vincente, e il perché te lo spieghiamo meglio di seguito.

Produzione on demand: First Pitch di Reebok

L’idea di fondo di First Pitch: “perché non ci dici se ti piacciono prima di mandarle in produzione?”

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Perché la moda a richiesta è un ottimo affare

La moda on demand è un buon affare? E a chi conviene un modello di produzione del genere? Schematizziamo.

  1. Per il consumatore, è un modo per ottenere un capo che corrisponde perfettamente alle sue esigenze. Di più: esperimenti come il citato First Pitch creano un meccanismo di partecipazione e coinvolgimento. Decidi tu cosa mettere in commercio: un modo appagante per “vivere” il brand e sentirsene parte.
  2. Per il produttore, l’on demand elimina un problema annoso: le giacenze. Di più: riduce il rischio di “sbagliare” collezione. Si inizia il processo produttivo, infatti, solo quando c’è già un numero accettabile di commesse. E il rapporto con chi acquista ne guadagna: l’acquirente, più coinvolto, può diventare un sostenitore e quindi un brand ambassador.
  3. Per la collettività, infine, la moda on demand è un buon esempio di abbigliamento sostenibile, in opposizione agli eccessi del fast fashion. Una produzione più contenuta, che consuma minori risorse e lascia meno materiali di scarto. In casi virtuosi, un sistema che accorcia le lunghe catene di distribuzione del fashion retail e riporta a casa produzione e posti di lavoro.

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Produzione agile e abbigliamento personalizzato

Ma, se queste sono le potenzialità, cosa serve per produrre moda on demand?

Il fashion made-to-order porta lo schema di Industria 4.0 nel settore dell’abbigliamento. Si basa infatti sui concetti di produzione agile e just-in-time. Non a caso si parla di agile retail per descrivere questo sistema, che usa catene del valore più snelle per produrre e vendere moda.

Il cambio è quindi sia di prospettiva che di metodo che, naturalmente, di tecnologia. Per questo avrai bisogno di investire in software, macchinari e strategia se vuoi rendere conveniente produrre moda su richiesta. Infatti:

  • il software ti servirà per interpretare i dati del mercato di riferimento e anticiparne i trend;
  • avrai bisogno di macchinari ad hoc (come una stampante 3d o le microfactories) per produrre su misura e con elevati livelli di personalizzazione;
  • grazie a una strategia mirata potrai capire come interpretare le esigenze del tuo pubblico e coinvolgerlo.

L’investimento più importante, però, riguarda l’approccio. Il punto di vista della moda on demand trasforma infatti un intero processo di business. Costo di produzione, uso delle materie prime, supply chain: i parametri sono diversi da quelli ordinari e, per questo, richiedono un lavoro differente.

L’investimento materiale in tecnologia e macchinari viene dopo, insomma. Prima è importante che adotti un approccio reattivo e customer-centric. Per dirla in breve: ora non sono le case di moda a proporre le loro idee a un pubblico, ma il pubblico a chiedere di realizzare le proprie.

“Nella moda stiamo assistendo all’inizio di un movimento sismico per cui ora i prodotti vengono “tirati dentro” il mercato da un’effettiva richiesta, invece di esservi “spinti” da ipotesi o previsioni” McKinsey&Company “Fashion on demand”

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Se lo slow fashion diventa una buona idea

E c’è poi il quadro d’insieme. Se le nuove generazioni sembrano più attente a cosa comprano, anche chi le precede inizia a porsi qualche domanda.

“L’emergenza attuale dimostra […] come un rallentamento attento ed intelligente sia la sola via d’uscita. Una strada che finalmente riporterà valore al nostro lavoro e che ne farà percepire l’importanza e il valore veri al pubblico finale.” Giorgio Armani

Anche Giorgio Armani sembra approvare lo slow fashion. Nella sua lettera aperta della primavera 2020 si schiera apertamente per un rallentamento dei ritmi di produzione della moda. Che significa, tra le altre cose:

  • rendere meno frequenti le collezioni e meno rapido il ricambio dei cataloghi;
  • ridare valore ai singoli capi superando il modello usa-e-getta;
  • riconoscere l’impronta ecologica dell’industria della moda e provare a renderla meno pesante.

Insomma, una nuova idea di abbigliamento che può trovare nella produzione on demand e la personalizzazione validi alleati.

Il made-to-order infatti, oltre a venire incontro ai gusti dei consumatori, riduce sprechi e ottimizza risorse. Grazie ai numeri più contenuti può consentire una lavorazione più accurata. Giustifica anche tempi meno frenetici di preparazione. Alcuni studi sembrano in effetti dimostrare che molti clienti sono disposti ad aspettare qualche giorno in più per ricevere un capo personalizzato.

Insomma, un sistema on demand potrebbe far bene anche all’ambiente, oltre che al mercato. E potrebbe favorire il reshoring. Cioè quel processo per cui chi in questi anni ha delocalizzato, perché le supply chain estese garantivano maggiori guadagni, ora torna a produrre in patria perché gli conviene di più.

Per saperne di più: Abbigliamento sostenibile: per un negozio “green”

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Perché conviene produrre moda on demand. E venderla

Bene: questo è il quadro complessivo. Ma in concreto: perché ti dovrebbe interessare l’argomento? Facciamo qualche esempio.

Sei uno stilista o un piccolo produttore? Il sistema on demand potrebbe fare al caso tuo. Con un piccolo investimento in macchinari e marketing puoi infatti proporre le tue creazioni e venderle senza preoccuparti troppo del magazzino.

È un sistema che usano già in molti, e che permette un risparmio notevole sulle spese di gestione. Se fatto bene, è anche un sistema che piace a chi acquista e crea un legame forte, diretto, tra te e il cliente. Lo fanno già marchi come Katla, Bionda Castana e molti altri.

Funziona con investimenti limitati, un attento uso delle risorse, soprattutto una presenza efficace sui canali di comunicazione.

Sei un retailer? Il made-to-order potrebbe trasformare in meglio il tuo negozio. Facendolo diventare un punto di riferimento per chi cerca abbigliamento sostenibile, o di raccolta per chi ordina determinati vestiti.

E per vendere online da zero, un modello può essere quello del dropshipping con il print-on-demand. Scegli i materiali, i motivi da stampare e realizzi dei modelli da proporre sul tuo sito o su un marketplace. Una volta acquistati li commissioni al produttore che si occupa poi di recapitare il vestito finito all’acquirente. Nessun costo di magazzino o giacenze da svendere. Un buon guadagno per tutte le parti in causa nella transazione.

Ma parliamo in termini più generali del concetto di on-demand. I nuovi consumatori sembrano apprezzare un approccio più personalizzato ed esclusivo.

E questo lo puoi fare anche rendendo unica e soddisfacente la customer experience. Ne abbiamo parlato a proposito dell’uso dell’AI nel retail. Ecco, l’intelligenza artificiale è uno tra gli strumenti utili a capire, addirittura anticipare le esigenze dei tuoi clienti, e fornire loro proposte personalizzate e costantemente aggiornate.

La personalizzazione della customer experience, insomma, è un must.

“Il 66% degli intervistati cambierà il proprio comportamento di acquisto in relazione all’esperienza di personalizzazione offerta dal brand” Sondaggio Kamaleoon/GoGroup

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Conclusioni

La moda on-demand, più che un trend effimero, è un sistema di produzione e commercio che diventa più conveniente con il tempo.

C’entrano le nuove tecnologie, le diverse abitudini di acquisto, la difficoltà di riproporre i vecchi schemi del fashion retail.

Il cambiamento è soprattutto nell’approccio. Produrre su richiesta richiede un certo investimento in tecnologia, ma soprattutto un metodo diverso nel fare le cose. Se ben congegnato, è un sistema alla portata di tutti, anzi, decisamente economico.

Puoi approfittare di queste opportunità sia come produttore sia come retailer: interpretando gusti ed esigenze del tuo pubblico, stimolandolo a una conversazione attiva, mettendolo al centro della tua proposta commerciale.

Vuoi capire meglio come fare? Chiedici una consulenza e ti daremo tutti i dettagli!

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