Che fare delle rimanenze di magazzino? Anzi: come evitare di averne, o almeno ricavarne qualcosa di utile? Alcune soluzioni le hai, e potrebbero dare ottimi risultati.

Avere troppe scorte in magazzino è una cosa sicuramente da evitare. Occupa spazio, immobilizza capitale, e se poi le scorte diventano invenduto … ancora peggio. La merce in negozio si accumula e deprezza rapidamente, così diventa difficile piazzarla a meno di svenderla… o ingegnarsi un po’.

Perché le rimanenze di magazzino si possono anche mettere a buon frutto, ricorrendo alle opportune strategie promozionali. Alcune sono evergreen sempre validi (i cari vecchi saldi di fine anno), altre sono più fresche e promettenti. Hai pensato per esempio a tutta l’attenzione verso l’usato, anche di marca, che sembrano avere in particolare le nuove generazioni? Beh, è un esempio di utilizzo creativo delle rimanenze, non l’unico. Ma andiamo per gradi.

Per prima cosa: cosa sono e come si valutano le rimanenze?
Il concetto è abbastanza intuitivo, ma rientra nel bilancio di esercizio del negozio e quindi va considerato con estrema cura.

Definire le rimanenze di magazzino

Dal punto di vista amministrativo-fiscale, le rimanenze sono i beni dell’azienda rimasti in giacenza in magazzino alla chiusura di esercizio. Possono essere materie prime, semilavorati o, come è più frequente nel nostro caso, beni destinati alla vendita.

Le rimanenze così individuate vengono conteggiate e valutate nel bilancio di fine anno. Rappresentano un indicatore non trascurabile della performance avuta, oltre che dello stato patrimoniale del negozio. In termini strettamente contabili, in particolare, le rimanenze di fine esercizio sono componenti positivi del bilancio, da detrarre dagli utili maturati.

Rappresentano però le esistenze, o rimanenze iniziali, degli esercizi successivi, dove vanno infatti inserite tra i componenti negativi. Da questo punto di vista, le rimanenze finali per l’anno concluso equivalgono alle esistente dell’anno nuovo.

Inoltre, nel consuntivo di fine anno la differenza tra rimanenze iniziali e finali è un valido indicatore della performance del negozio. Al di là dell’aspetto fiscale, infatti, ti aiuta a capire meglio come va la rotazione delle merci in negozio e quanto funziona la tua strategia di rifornimento.

Come valutare le rimanenze

Appurato che le nostre giacenze vanno inserite in bilancio, come calcolarne il valore? In questo senso ci sono diversi metodi di valutazione, tutti legittimi a patto di adottarli con coerenza. Ciò vuol dire che se calcoli il valore delle rimanenze in un modo poi devi seguire lo stesso criterio l’anno successivo. Almeno se vuoi avere un bilancio affidabile.

Tra i criteri di valutazione più utilizzati, anche nel settore abbigliamento, ci sono la:

  • valutazione per costo specifico, che valorizza le merci rimanenti in base al costo di acquisto di ciascuna, distinguendo quindi le merci tra loro;
  • valutazione per costo medio ponderato, che calcola il valore della merce come una media tra le quantità presenti e il loro costo, così da ottenere un coefficiente unico valido per tutti i capi;
  • valutazione con il metodo LIFO (Last In First Out), per cui i capi venduti prima sono i più recenti (per chi vende vestiti, ha una sua logica) e le rimanenze hanno il costo delle merci più “vecchie”.

Quale che sia il criterio, l’obiettivo è avere una stima attendibile dei beni fungibili rimasti in negozio. Utile non solo ai fini di redazione bilancio, ma anche per decidere come provare a farli fruttare.

Per esempio stabilendo qual è la soglia di prezzo che si può raggiungere per provare a offrire l’invenduto a prezzi ribassati o in altra formula.

Valorizzare le rimanenze

Tra il 20 e il 30% di tutto l’abbigliamento che viene prodotto non viene venduto attraverso i canali iniziali [SpinOff]

Restare con un tot di invenduto non è proprio un bell’affare. D’altra parte, come dicono a SpinOff, è una condizione comune nel mercato fashion. E a giudicare dai dati viene affrontata generalmente rivendendo la merce in altra maniera.

Ci sono i canali classici, ovvero quelli di saldi e svendite. Sono il sistema usuale per fare pulizia in magazzino, disfarsi di un po’ di rimanenze e realizzare un buon guadagno. Oltretutto, attirano gente e c’è caso che insieme a qualche capo scontato si riesca a far uscire anche qualcosa a prezzo pieno.

Il rovescio della medaglia è che comprare spesso a prezzi ribassati dà assuefazione. Si rischia, insistendo con tali metodi, di abituare i nostri clienti ad acquistare a prezzi scontati, svalutando di conseguenza anche il resto del nostro catalogo. Attenzione, dunque.

Ci sono altri sistemi, più creativi, per spingere sui beni slow- o no-moving. Strategie di marketing che consistono per esempio nel disporre diversamente i capi in negozio. Un cambio di scaffale, una presentazione più in evidenza o una frequenza maggiore del capo nel nostro negozio fisico e virtuale possono dare ottimi risultati.

Anche il cross-selling è un modo intelligente per valorizzare le rimanenze. Abbinare capi nuovi e “vecchi”, se fatto con criterio (e gusto) può far risaltare il capo in rimanenza senza deprezzare quello cui si accompagna.

Vedi anche: Le regole d’oro per fare cross selling (e up selling)

Soluzioni per smaltire le rimanenze

Se anche con il remarketing non si riesce a smuovere la pila dell’invenduto, forse è il caso di esternalizzare.

Cioè vendere in altro modo, usando altri canali, le nostre rimanenze di magazzino. È il sistema classico che si utilizzava con le vendite in stock, che però avevano spesso marginalità talmente basse da rendere quasi preferibile tenersi la merce in negozio.

Grazie anche al digitale, hai oggi canali nuovi e più allettanti per smaltire le tue rimanenze. Gli outlet restano un endpoint da non sottovalutare, ma puoi anche usare l’ecommerce per fare una tua sezione outlet.

Un angolo per le offerte di fine serie dona alla tua merce un appeal maggiore rispetto al tipico mercatino, e può fare da elemento civetta per portare nuovi utenti sul tuo sito. Puoi fare la stessa cosa affidandoti a marketplace specializzati sul genere di Etsy o di altri online stores. Avrai il beneficio di una maggiore visibilità, dovrai forse concedere qualcosa in costi di gestione, ma può valerne la pena.

Un altro sistema: riciclare i prodotti in corso. Per le nuove generazioni, allungare il ciclo di vita dei capi è cool. In Cina, allora, Alibaba rivende gli stock in eccesso dei marchi di alta gamma, puntando a conquistare i più giovani.

Altri operatori, per esempio LVMH, provano a riciclare letteralmente, e creativamente, i loro articoli in eccesso. Consultare il sito di Nona Source per credere.

Infine, c’è il sistema della donazione. Quella vera e propria del dono per iniziative di solidarietà, che utilizzeranno i tuoi capi per vestire chi ne ha bisogno. Oppure quella della cessione per lotterie, giochi a premi e altre iniziative dove i tuoi capi faranno da trofeo.

Ridurre (o eliminare) le rimanenze

Certo, il sistema migliore per gestire le rimanenze è fare in modo di non averne. O, almeno, tenerne solo una quota fisiologica.

Con un controllo agile del tuo magazzino può abbassare drasticamente la quantità di merce in giacenza del tuo negozio. Questo perché puoi effettuare rifornimenti e vendite controllando in tempo reale le tue disponibilità.

Sistemi digitalizzati di gestione del magazzino ti offrono dati sempre aggiornati sui movimenti della merce. Un sistema da inventario continuo, che offre un colpo d’occhio molto accurato su elementi come la rotazione delle merci, la velocità di vendita e la formazione di giacenze.

Con questo sistema è più facile individuare fast e slow sellers, rifornirsi solo quando è il caso e, in sostanza, evitare di immobilizzare grandi quantitativi di merce per niente.

Un gestionale specifico per il negozio, come il nostro Etos, ti offre dunque un valido strumento per controllare la tua catena di distribuzione e ottimizzarla. Riduci i prodotti finiti in giacenza, ottimizzi i rifornimenti, velocizzi la rotazione degli articoli in stock.

Ed hai sotto mano tutti i dati necessari a capire come vanno le vendite e quando è il caso di intervenire. Niente male, no?