Il ruolo dello shopping assistant sarà preso dai robot? I chatbot dei nostri ecommerce lavoreranno in completa autonomia, senza l’intervento umano? E i nostri clienti si serviranno e pagheranno da soli come al supermercato quando verranno a fare shopping nei nostri punti vendita?

Periodicamente, queste domande dai toni un po’ allarmisti ci ricordano come è cambiata l’esperienza dello shopping con l’evoluzione della tecnologia. In meglio sotto diversi punti di vista, non benissimo per altri.

Venendo al lavoro dello shopping assistant, quello che chiamiamo commesso/a, la massiccia digitalizzazione dei nostri negozi ha semplificato molte attività nei reparti e alla cassa. Così, in diversi casi, oggi è possibile fare in 2 ciò che prima veniva fatto in 4.

Parliamo allora, di seguito, di qual è oggi il rapporto tra virtuale e umano nella shopping experience, e di come le tecnologie digitali aiutano le operazioni di assistenza alla clientela.

Ma, per tornare alla prima domanda e tranquillizzare gli animi, meglio ribadirlo subito: lo shopping assistant rimarrà ancora per un po’ una persona in carne e ossa. Sembrano preferire così gli stessi clienti: in un recente sondaggio USA condotto dal think thank PSFK, il 40% degli interpellati ha affermato di preferire l’interazione in negozio con una persona “reale” piuttosto che con un’interfaccia digitale.

Dove funziona lo shop assistant virtuale

Chiaramente, tutto ciò che gravita online funziona a meraviglia con operatori virtuali. Per dirne una, un e-commerce non ha orari di apertura e chiusura, e poter contare sull’assistenza 24/7 è un requisito essenziale di ogni business online.

Questo è il motivo per cui ormai ogni negozio online ha il suo bravo chatbot (e ne parlavamo in un precedente post). Spesso e volentieri, il lavoro di questo shop assistant virtuale è concentrato su operazioni specifiche: la gestione di resi e rimborsi, la prima accoglienza, oppure i “consigli per gli acquisti” veri e propri.

I chatbot più evoluti hanno ormai ottime capacità di conversazione, che possono usare per indirizzare le ricerche dei visitatori del sito o suggerire loro articoli attinenti. Il tutto in tempi rapidi e ormai con una certa spigliatezza.

D’altra parte, almeno per il momento soluzioni del genere funzionano soprattutto come una sorta di primo livello di shopping assistance. Non a caso, molte permettono un redirect a un operatore umano quando la richiesta diventa troppo complessa da gestire.

Oltre i chatbot, verso il phygital

Il chatbot non è del resto il solo contributo del digitale alla shopping experience online. Infatti un ecommerce oggi può diventare grazie alla tecnologia un ambiente misto in cui realtà fisica e simulata si fondono.

Il digitale interviene così eliminando la distanza fisica tra cliente e prodotti: camerini virtuali, prove in modalità immersiva, tour da remoto del negozio … Questi e altri stratagemmi creano un ambiente phygital dove è più semplice per chi acquista trovare rassicurazioni e conferme sulla bontà delle proprie scelte.

Si sa, acquistare un capo d’abbigliamento è un’esperienza molto soggettiva, coinvolge più sensi e, soprattutto, capire da uno schermo se quel vestito ci “cade” addosso come deve non è facile: quante volte hai provato un articolo in negozio prima di acquistarlo online?

Molte? Beh, sei in buona compagnia: secondo alcune statistiche il 70% di chi fa compere online rimane deluso alla prova dei fatti dal suo acquisto, e secondo altre statistiche solo negli USA i resi ammontano al 30% delle vendite.

Lo shopping assistant in negozio

Se nel web parlare di shopping assistance virtuale è quasi un’ovvietà, qual è la situazione nel punto vendita?

Anche nel negozio brick’n’mortar, negli ultimi anni, interfacce digitali di vario tipo sono divenute parte del paesaggio. Dai totem multimediali alle soluzioni di segnaletica digitale, fino ai più discreti QR code apposti sui cartellini dei vestiti. Questi punti di accesso virtuali semplificano l’esperienza d’acquisto e la arricchiscono di informazioni e consigli utili.

Del resto, è un dato di fatto che oggi chi entra in negozio usa lo smartphone per procedere nell’esperienza di acquisto. Controlla i prezzi dei competitor, visualizza le recensioni di un articolo, si informa sulla reputazione di un brand, sulle diverse opzioni di reso e così via. Insomma, ben prima dell’intervento diretto del tuo staff arriva lo smartphone.

Cosa resta da fare per l’assistente alla vendita

Il ruolo di uno shopping assistant resident non è però da sottovalutare, anzi, forse fa ancora la differenza tra il tuo punto vendita e un self-service. Chi meglio di lui/lei, infatti (almeno se, come pensiamo, puoi contare su un ottimo team), può dare consigli e suggerimenti sui capi migliori, i più adatti o i più convenienti a disposizione in negozio?

Mettiamola così: uno smartphone offre l’accesso ai dati nudi e crudi, informazioni senza particolare ordine gerarchico. Un assistente alla vendita competente invece riesce a mettere ordine tra le informazioni, distingue quelle affidabili da quelle non affidabili e restituisce quindi, usando competenza e autorevolezza, quelle davvero utili per completare un acquisto con soddisfazione.

Certo, da questa descrizione l’assistente alla vendita sembra quasi un supereroe, ma diciamoci la verità: un team motivato e competente qualche superpotere ce l’ha. Per esempio può assistere i titubanti o gli indecisi, aiutandoli a concludere un acquisto. Oppure, e soprattutto, può diventare il punto di riferimento qualificato di una clientela affezionata.

Creare un rapporto di fiducia tra il tuo negozio e i suoi clienti è essenziale per la fidelizzazione. Ed è alla base di quel senso di comunità che emerge come motore del persistente successo degli store fisici rispetto a quelli virtuali. In un sondaggio riferito al mercato anglosassone e citato da Shopify, più del 30% degli interpellati individuava proprio il senso di comunità come la principale motivazione per continuare ad andare in un punto vendita.

Quindi: shopping assistant virtuale buono o cattivo?

La risposta, o almeno la nostra risposta, l’avrai già capita. Il fattore umano, specialmente in un’attività così intrecciata ad elementi di gusto e soggettività come l’abbigliamento, è determinante. Altrettanto importante è la capacità di persuasione e autorevolezza che un operatore in carne e ossa può esercitare nei confronti di un cliente.

Certo, dirai, però rispetto a un influencer di riferimento che autorità possono avere i miei assistenti alla vendita? Beh, in primo luogo e paradossalmente, quella di una maggiore oggettività. O almeno trasparenza, perché ormai alla gratuità dei consigli che girano su Instagram o TikTok credono in pochi, mentre uno shopping assistant può motivare più chiaramente le sue opinioni.

Per quanto riguarda il web, poi, se gli operatori virtuali e automatizzati courtesy of AI sono effettivamente un grande aiuto, è chiaro che ancora per diverso tempo lavoreranno in tandem con operatori umani. Con i chatbot a occuparsi delle conversazioni più elementari o semplici, il tuo staff si potrà così dedicare alle questioni più complicate, o a comunicare meglio con la tua clientela attraverso newsletter o consulenze personalizzate.

Insomma, virtuale non è (ancora) meglio, almeno secondo noi. Ma ci sono indubbiamente dei vantaggi.

Combinare virtuale e reale: come fare?

Spezzata questa lancia a favore degli “umani”, guardiamo piuttosto a quanto il lavoro dello shopping assistant può essere agevolato dalle nuove tecnologie.

Abbiamo appena visto quale funzione di filtro possono svolgere bot e altre forme automatizzate di servizio al cliente. Anche in negozio, smart tags, chioschi multimediali e altri strumenti digitali fanno lo stesso, diffondendo informazioni e semplificando così l’attività del tuo staff.

Cosa resta da fare, dunque, allo shopping assistant “reale”? Dare consigli e suggerimenti mirati, guidare la vendita verso i prodotti più adatti al gusto o al budget di chi vuole acquistare, e insomma assistere il cliente in maniera più attiva e personalizzata.

E le tecnologie digitali possono essere di grande aiuto, per esempio per controllare in tempo reale le disponibilità di un articolo, attivare premi fedeltà o promozioni personalizzate, prenotare appuntamenti o consulenze ad hoc.

Perché tutto funzioni a dovere servono però (almeno) 3 precondizioni:

1. La presenza di strumenti mobili e condivisi di gestione del negozio, mediante i quali assistere il cliente direttamente tra corsie e scaffali.
2. La maturazione di competenze digitali nel tuo team, che deve sapere come utilizzare le nuove tecnologie (soprattutto quelle che hai scelto…)
3. Un sistema di gestione complessiva agile, che abiliti questo scenario per esempio integrando il back office di negozio con quello online per favorire processi di vendita multicanale.

Un gestionale …a misura di shopping assistant

Non sai dove trovare un software di questo tipo? Prova Etos, il nostro software per fashion retail!

È pensato proprio per semplificare le operazioni di negozio. In particolare, ti offre un accesso agile e centralizzato a tutte le aree operative del tuo negozio, sia offline che online.

Tra gli highlights, c’è per esempio la possibilità di accesso via app. Si tratta di un vantaggio notevole per il tuo staff, che potrà così assistere meglio il cliente collegandosi al gestionale direttamente dallo smartphone.

Più nello specifico, Etos ti offre Boost Sales, un’app pensata proprio per migliorare il lavoro degli assistenti alla vendita. Come? Con varie funzioni accessibili direttamente da smartphone, che consentono tra le altre cose di:

  • controllare le giacenze di magazzino;
  • registrare nuovi clienti o visualizzare i dati di acquisto di quelli già presenti;
  • creare o modificare fidelity cards;
  • impostare conti di prevendita in modo da snellire le file alla casa.

Insomma, se lo shopping assistant rimarrà ancora per un po’ una sorta di cyborg, una figura umana con capacità aumentate dalle tecnologie digitali, è meglio preparare il tuo team. E forse con Etos hai lo strumento di supporto che ti serve.

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