Le piattaforme digitali sono in continua evoluzione. Algoritmi e funzionalità dei social media, in particolare, cambiano e diventano sempre più sofisticati. Quali sono allora i migliori strumenti per far conoscere il proprio negozio nel 2020 e creare coinvolgimento? 5 suggerimenti
Premessa
Come cambia la presenza sui social media (e non solo) di chi gestisce un’attività commerciale? Dopo oltre 10 anni, è sicuramente cambiato l’approccio di chi accede alle varie piattaforme, e con esso il modo in cui queste fanno circolare i contenuti. Con algoritmi sempre più intelligenti e “umani”, anche la strategia social deve aggiornarsi e rinnovarsi senza, però, stare troppo dietro alle mode.
Diamo per scontato che abbiate già letto il report di TalkWalker sui social media trends 2020. Qui vediamo come applicare alcune conclusioni di questo studio alla strategia social di un negozio. Più in concreto, vi diamo 5 suggerimenti per, nel caso, aggiustare la rotta senza perdere la bussola.
SOMMARIO
- Analizzare il mercato, studiare la base clienti, pianificare
- Creare interesse e coinvolgimento sui social: trends
- Dare (maggiore) importanza al budget per ads e campagne
- Privilegiare i giusti canali social… e studiare gli altri
- Localizzare il punto vendita sui canali digitali
1. Analizzare il mercato, studiare la base clienti, pianificare
Era importante prima, sarà sempre più importante negli anni a venire. Studiare la propria proposta e il suo pubblico potenziale: è un percorso a due vie, perché per ogni prodotto c’è un potenziale acquirente, e ogni acquirente ha il (suo) prodotto in mente. Far incontrare i due elementi è la prima mossa da fare quando si pianifica un piano editoriale e, in generale, una strategia di marketing.
Conoscere il target equivale a sapere a chi si parla e, di conseguenza, a capire in che modo impostare la conversazione. Definire una o più buyer personas, immaginarne gusti e consumi, ipotizzare preferenze culturali: capire insomma come rendere la comunicazione interessante e i propri contenuti accattivanti. In parallelo, fare benchmarking sarà utile per osservare come comunicano i nostri competitor e come ci possiamo differenziare.
Fin qui niente di nuovo: i social media nascono e si sviluppano avvicinando le persone per affinità. L’esempio più classico: Facebook, con gusti e preferenze richiesti in fase di compilazione del profilo. Negli ultimi due anni, il social media per eccellenza ha pubblicamente annunciato un cambio di strategia, con l’intenzione di privilegiare proprio le relazioni di affinità. Il ranking dei post ora dipende maggiormente da fattori quali le interazioni e le condivisioni tra elementi della cerchia di amici o i gruppi. Alcuni passaggi:
- Secondo lo stesso Zuckerberg, l’intenzione è quella di dare priorità alle conversazioni condivise con amici o gruppi, o a quelle che hanno più interazioni
- Secondo lo stesso principio, cambia anche la visibilità dei commenti ai post. Tra i fattori di ranking, ancora una volta, il livello di interazioni dello stesso commento.
- Ancora, le informazioni sui contenuti presentati nel NewsFeed con l’opzione “Why am I seeing this?”. L’intento è permettere maggiore controllo sul tipo di post che vengono visualizzati.
In termini di retail marketing per il social, questo significa che i post di un’azienda devono riuscire, ora più che in passato, a coinvolgere e far parlare di sé per guadagnare diffusione. Più in concreto, che si devono studiare a fondo mercato e customer base con strumenti di web analytics e customer relationship management. Ancora, che diventa importante pianificare una strategia di comunicazione che tenga conto delle le variabili in gioco.
Per saperne di più: La strategia di Facebook: “bringing people closer together”
2. Creare interesse e coinvolgimento sui social: trends
Come coinvolgere e far parlare di sé, dunque? Si diceva, definendo un target preciso e pianificando una strategia complessiva di comunicazione. Un piano che identifichi gli argomenti di conversazione più interessanti e le modalità più accattivanti per proporli. Senza correre troppo dietro alle mode, significa studiare quali sono le tendenze social per il 2020 e oltre.
Ruotano sempre intorno alla ricerca di una comunicazione più diretta e autentica alcune novità intraviste negli anni passati e che secondo gli esperti guadagneranno importanza. Si è sempre saputo che un video ha un potenziale di coinvolgimento più alto delle foto o molto più alto dei testi. Nei principali social media, gli ultimi anni hanno visto allora la diffusione dei live video.
Una conferma arriva, per esempio, dalle Stories di Instagram, spesso organizzate proprio come brevi video, che hanno sorpassato in popolarità i normali feed posts. È tanto più evidente se si guarda al fenomeno social dell’anno passato, il social cinese TikTok, che nel breve clip musicale con corredo di effetti vari ha la sua essenza.
Come si può tradurre questo in una strategia di social media marketing? Per un negozio di abbigliamento, significa per esempio:
- aumentare la presenza di stories (si può fare su Facebook, Instagram e, naturalmente, TikTok) o ricorrere a brevi filmati anche per i post
- privilegiare post più interattivi: domande e risposte, sondaggi, contest
- cercare una comunicazione meno formale
- soprattutto, dare la parola agli utenti: una tendenza spinta molto proprio da TikTok e che sarà fatta propria anche dagli altri social
Affidarsi allo User Generated Content, ovvero post e stories degli utenti su prodotti del negozio o sul negozio stesso, paga moltissimo in termini di engagement. Il vero trend dei social media degli ultimi anni è proprio la tendenza a una comunicazione più diretta tra brand e utente. In questo senso, il brand promuove un’attitudine e uno stile più che i prodotti.
Anche qui, conoscere la propria base clienti aiuta a proporre i giusti contenuti e differenziarli in base alla piattaforma social. Vale, per esempio, con gli esperimenti che hanno provato grandi brand multinazionali con TikTok. Per citare due casi di studio, l’esperimento pionieristico di #inmydenim sviluppato da Guess, o quello più articolato di Ralph Lauren.
3. Dare (maggiore) importanza al budget per ads e campagne
Una tendenza che sembra parzialmente contraddire la voga dello User Generated Content è quella degli ads. Da un certo punto di vista, però, le due cose si tengono insieme. In uno stadio iniziale del cosiddetto conversion funnel, vale a dire quando la propria presenza sui social non è ancora ben stabilita, guadagnare visibilità è davvero complicato.
La raffinatezza del processo di ranking dei contenuti, e il peso crescente accordato al coinvolgimento diretto e alla comunicazione tra chi già si conosce, implicano che guadagnare nuovi contatti diventa più arduo e i vecchi trucchetti acchiappalike non valgono più.
Tenendo come stella polare la pianificazione di una strategia di lungo periodo, basata su una reale conoscenza del proprio target, si può allora ricorrere agli ads per ampliare il numero dei potenziali clienti.
Le funzioni di profilatura di social media come Facebook e Instagram sono davvero formidabili, in questo senso, ed è possibile mettere a buon frutto il proprio investimento raggiungendo persone davvero interessate alla nostra proposta.
In sintesi: aumentare il traffico organico sui social è più difficile, e comunque è un obiettivo di medio periodo; mettere in evidenza i propri post più significativi, o impostare una campagna di Facebook o Instagram Ads, aiuta sicuramente. Ancora, tenendo bene in mente chi si vuole raggiungere e cosa gli si vuole proporre.
A proposito di campagne social, merita un cenno anche il successo crescente dei nanoinfluencers. Vuoi per esigenze di budget, vuoi per i riscontri concreti, piccoli e grandi marchi tendono infatti a coinvolgere per le proprie campagne social personaggi con un seguito decisamente ristretto se li confrontiamo ai Re Mida dell’influencer marketing.
Un nanoinfluencer ha un numero di follower generalmente compreso tra i 1000 e i 10000, una cifra decisamente esigua che però gli permette una comunicazione più diretta e quindi un rapporto di fiducia più stretto. Ciò significa, per chi vuole ingaggiarlo, avere un testimonial credibile, coinvolto e coinvolgente per chi lo segue. Trovare il giusto personaggio per la propria proposta è la vera sfida, ma se la combinazione è quella giusta i risultati sono davvero ottimi.
4. Privilegiare i giusti canali social… e studiare gli altri
Torniamo alla scelta dei canali social più adatti a dare visibilità e creare coinvolgimento per il proprio negozio. Specialmente negli ultimi anni, si è consumata una vera frattura generazionale che vede gli under 30 stabilmente su Instagram e in misura crescente su TikTok, gli over e principalmente i 40+ su Facebook. Non è tutto bianco e nero, e una pagina Facebook è ancora un ottimo canale da coltivare nella strategia social di un negozio, ma per molti marchi più moderni è ora in secondo piano.
Ciò è tanto più vero per il settore abbigliamento: l’impatto visivo dei capi in vendita o la presentazione live del negozio hanno tutt’altro effetto su un canale come Instagram.
Per quanto riguarda le modalità tecniche di presentazione, d’altra parte, sembra proprio che le immagini hi-tech e patinate siano cadute in disuso. Anche i grandi marchi allora, fanno propria un’estetica imperfetta e di basso profilo, il cosiddetto approccio no-edit, che per certi versi tende ad avvicinare consumatore e brand. Il peso crescente di contenuti degli utenti nella timeline e nelle stories aziendali non fa che confermare questa tendenza.
Per quanto riguarda i canali social, il citato TikTok è uno strumento da studiare bene prima di farne un nuovo touchpoint. Per la fascia d’età coinvolta e il tipo di comunicazione che sviluppa, si tratta infatti di una piattaforma molto adatta per guadagnare visibilità (brand awareness), meno per fare promozione in senso stretto.
Lo hanno capito bene i grandi marchi citati in precedenza, per esempio Guess che ha lanciato un contest lasciando poi liberi gli utenti di interpretarlo. In generale, questo social è per adesso uno spazio creativo a disposizione degli utenti. Un’azienda, o un negozio, dovrebbero tenerne conto e pensare prima di tutto a dare spunti di conversazione, magari in forma di contest, prima di passare all’incasso; anche perché per adesso non è ben chiaro come farlo…
Diversi tentativi (e non solo di aziende) hanno invece dato l’impressione di seguire la moda senza, appunto, una vera strategia. Del resto, è facile pronosticare che già nell’anno in corso assisteremo allo sbarco massiccio del commerciale su TikTok. Meglio dunque prepararsi per tempo, studiare la piattaforma e stabilire se e come è il caso di muoversi.
Anche per chi sceglierà di non passare a TikTok, del resto, la logica dei brevi clip just-for-fun si espanderà certamente anche alle altre piattaforme digitali, Instagram in primis.
5. Localizzare il punto vendita sui canali digitali
Seguiamo ancora quello che potrebbe essere il vero trend per i social degli anni ’20: meno connessioni, più coinvolgimento. Dove l’enfasi è sulla creazione di comunicazione diretta e autentica tra gli utenti, invece di catene di Sant’Antonio impersonali. Tendenze come il digital detox, in questo senso, sottolineano l’importanza di usare i social “il giusto”, ovvero con interazioni e servizi di qualità.
In quest’ottica, allora, riacquista importanza la propria presenza fisica sul territorio. Se ne è parlato spesso a proposito di integrazione tra negozio reale e touchpoints digitali, e in sostanza significa che questi ultimi non sono un mondo a parte ma un canale che interagisce concretamente con il punto vendita fisico.
Detta così sembra si stia parlando di un viaggio astrale, in parole povere significa che non si spegne lo smartphone quando si entra in negozio e che, anche qui, i clienti possono interagire con i nostri siti web e canali social. Per esempio taggando un capo in vetrina, girando una story in negozio, recensendo un prodotto o partecipando a un contest. Insomma, comunicando tanto con l’ambiente del locale quanto con la comunità online.
Per una corretta strategia di comunicazione online c’è un altro canale, non propriamente social, da coltivare. Parliamo di Google My Business, fondamentale soprattutto per i piccoli esercizi commerciali. Coltivare la propria presenza su GmB significa, tra le altre cose:
- compilare correttamente tutti i campi della relativa scheda negozio
- fornire indicazioni stradali corrette
- selezionare le giuste foto del locale, preferibilmente anche quelle fatte dai suoi clienti
- mettere in evidenza offerte, news e argomenti di rilievo con i post
In parole povere, una buona presenza su GoogleMyBusiness consente di avere una vetrina virtuale del negozio su Google Maps, ed è il modo migliore per intercettare lead preziosi. Chi chiede indicazioni a Maps si trova infatti a non molta distanza dal punto vendita ed è già orientato all’acquisto: lasciarselo sfuggire è un vero e proprio peccato.
La geolocalizzazione è quindi fondamentale per promuovere a livello locale la propria attività. Lo si fa attraverso un touchpoint digitale, quello delle mappe di Google, a ulteriore riprova del mutato scenario del retail marketing online. La presenza social, e non solo, di un’azienda nei prossimi anni sarà sempre più collegata a quella fisica, e se i vantaggi di immediatezza e le opportunità di collegamento a distanza che hanno fatto la fortuna di Facebook e degli altri social media restano importanti, sarà altrettanto importante che la comunicazione così resa possibile sia autentica, genuina e soddisfacente per tutti i soggetti coinvolti.
In sostanza, si tratterà di impostare una strategia social che punti a fare del negozio un punto di riferimento di una community di interessi. Senza cercare di monetizzare tutto subito, ma fornendo valore aggiunto in modo da creare una relazione di fiducia e credibilità che poi, al momento giusto, produrrà quel return-on-investment tanto agognato.
Vedi anche:
Retail Marketing: come farsi conoscere a livello locale e aumentare i clienti | Strategie di marketing per aumentare le vendite di un negozio di abbigliamento